giovedì 9 febbraio 2012

IN PROVINCIA.

Musica jazz di sottofondo, grazie.

A Bergamo ci sono delle riviste cittadine - almeno tre o quattro, più o meno tutte uguali - che io odio.

Le odio, tutte.

Si ispirano vagamente a "Nonsolomoda", il programma della domenica sera su Canale5. Parlano di golf, di orologi, di auto di lusso, di vela, di vini, di quella che è la bella gente della città. Come se in una città o in un paese o in una nazione ci fosse per davvero della bella gente da tenere separata dalla gente normale o dalla brutta gente.

Tutte queste riviste - si reperiscono prevalentemente nelle sale d'aspetto di commercialisti, avvocati, parrucchieri, oppure nelle concessionarie di auto di lusso, nelle enoteche, in certi negozi eleganti della città, dubito che qualcuno le compri in edicola - parlano di eccellenza. Che parola del cazzo, eccellenza. Ovvio, chiamarlo lusso stonerebbe un po', di questi tempi.

Copertina satinata, bella carta, bella confezione, cover quasi sempre in b/n. Pubblicano album fotografici di presunti vip a presunte feste vip in compagnia di altri presunti vip; foto ricordo di fotomodelle fallite e sovrappeso incartate in abiti di lusso e sposate o fidanzate con fottutissimi figli di papà che lo sappiamo tutti, per finire la quinta superiore hanno impiegato - pagando - otto anni almeno; interviste a uomini brizzolati sulla cinquantina - a loro volta ex-figli di papà - vestiti in modo eccessivamente elegante oppure a scelta con quegli abiti stile sportivo e finto casual che non impegna (mai l'impegno, per carità); reportages di inaugurazioni pallosissime avvenute in autosaloni disseminati di tartine o in locali con giardino. Roba così'.

E poi interviste esclusive con uomini o donne di successo (diciamo ricche) della città. Personaggi visionari,  così li chiamano. Altra parola del cazzo: visionario. I personaggi in questione quasi sempre si fanno ritrarre in camicia bianca,  sorridono, con uno sguardo ebete tra il mistico e il penetrante, qualche volta cedendo clamorosamente alla tentazione di posare a piedi nudi nel salotto della propria villa al mare o in montagna. Sullo sfondo, quasi sempre, una libreria.

Nell'intervista, impaginata tra la reclàme di una gioielleria e quella di una concessionaria, dicono praticamente tutti la stessa cosa: che Bergamo è una città molto molto provinciale.

Effettivamente sì, lo è. Siamo probabilmente la città più provinciale della galassia.

Per rendersene conto basta guardare le pose che prendono questi soggetti davanti all'obiettivo del fotografo. O farsi un giro sul Sentierone il venerdì sera e incrociare all'aperitivo alcuni dei protagonisti della cronaca mondana della città. Oppure sfogliare uno di quei cazzo di giornali.

Sfogliarli, dico. Leggerli, è impossibile.

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