mercoledì 22 aprile 2009

LA MIA LINEA

Ci sono montagne che puoi fissare per ore intere, per giorni o settimane e ti sembrano sempre uguali, immobili, remote. Lontane. Le guardi dalla cima alla base, fai scivolare lo sguardo lungo le linee più logiche, tra luce ed ombra, scendendo dall'alto in basso. Queste montagne sembrano essere nient’altro che fotografie su cui si disegnano linee immaginarie nella mente. Fino a quando le osservi da lontano, certe pareti, è difficile comprendere che sono una cosa vera. Poi cominci a immaginare di essere lì, di curvarci sopra, di sentire i piedi scorrere da un lato all'altro di un canale o di muoverti in neve profonda sopra una spina, oltre una roccia o di sparire dietro un cliff da affrontare a tutta velocità. Cerchi la tua linea, e quando finalmente riesci a trovarla, a disegnarla nella mente e poi finalmente a sciarci sopra, pensi veramente che quella sia la tua linea.

Quella sensazione inconscia e primordiale di conquista, di possesso, di dominio è una delle cose più affascinanti e misteriose dello sci in neve fresca e credo dipenda in gran parte dalla proprietà della neve vergine di saper registrare il passaggio di un uomo o di una donna sotto forma di tracce. Scendi fino in fondo a un pendio, ti fermi, ti giri e vedi la tua linea. Ti senti vivo. Scii, dunque esisti. In fondo è questa la magia del freeriding, che tu sia pro oppure principiante: fare la tua traccia. Ed è facile ubriacarti con questa sensazione, confonderti nell'illusione che quella linea, la linea che tu hai immaginato e percorso, rappresenti la storia stessa della montagna. Basta una nevicata oppure un po’ di vento o il caldo della primavera per ritornare alla realtà, al vero ordine delle cose stabilito dalla Natura. Questa confusione, questo disordine emotivo è un problema di prospettive e di senso del possesso. Ti fotte sempre il senso del possesso, se non ci stai attento. Serve distacco.

Percorrere una linea perfetta non significa, farsela. E farsela, non significa averla. Puoi concatenare qualche curva veloce, saltare qualche cliff e lasciare correre gli sci o la tavola sulla linea di massima pendenza fino a fermarti in piano. Bello. Ma quello è niente. Una linea perfetta su una grande parete è una combinazione di opzioni infinite, una questione di punti di vista, di sensibilità. Di fiuto. Di interpretazione. Di stile. Una big line è l’intersecarsi di ombre e di luci, il fondersi del coraggio e della paura, il dubbio di non sopravvivere e insieme quello di non sentirti mai nato per non averci mai provato nemmeno una volta a spalancare tutta la manetta del gas andando giù dritto da una montagna per capire cosa si sente. Sciare una linea perfetta significa essere sciato dalla montagna. E’ lei che scia te, non il contrario. Sciare bene significa leggere la contropendenza che si diluisce in un pendio aperto o in una serie di pillow. Significa utilizzare il terreno, comprenderne le forme, muoversi in modo sempre nuovo, dinamico, fluido, continuo. Sciare è soltanto una scusa, un esercizio della mente, una direzione verso cui tendere. Non è un gioco di muscoli né una questione di forza o di velocità. Sciare è fantasia, ritmo, creatività, coraggio. E poi passione, dedizione e metodo.

Esattamente come fare una rivista. Questo è il mio ultimo editoriale e quelle che seguono sono le ultime ottanta pagine della mia storia con FREE.rider. Non ho la pretesa di pensare che quella che mi sono sforzato di raccontare fin qui, in 31 numeri del giornale, sia anche la vostra storia. Non ho la pretesa di pensare che questo progetto che ho ideato, immaginato, e cercato di fare funzionare mettendoci l’anima rappresenti la big line lungo la quale si è mosso il freeriding italiano negli ultimi dieci anni. La mia è stata, semplicemente, una linea. Una delle tante possibili. Fate finta che ora ci sia nevicato sopra un’altra volta ancora. Pendio vergine, prima traccia da fare. Che ognuno immagini la propria linea, il gioco ricomincia.

Peace & Powder.
Emilio Previtali

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