venerdì 1 gennaio 2010

UNO.

A parte il fatto che non importa, se una cosa è facile o se è difficile da imparare. Una cosa di freestyle ma anche un’altra cosa ancora, dico. A me ha sempre colpito questa storia dei trick. Li provi per settimane, per mesi, poi senza che tu faccia nulla di diverso, ma proprio nulla di nuovo dico, tac. Ti vengono. Non fai niente di diverso, niente di nuovo rispetto al solito, anzi quasi non ci pensi nemmeno, non lo vuoi nemmeno fare quel fottutisimo trick che non ti viene mai, e lui tac. C’è. Allora lo riprovi. Pensi che forse ti sei sbagliato e che quello che hai appena fatto non era esattamente il trick che provavi senza riuscirci da non ti ricordi nemmeno più quando. Lo avevi anche provato tutto l’anno scorso e non ti era mai venuto. Ti sembra impossibile. Si, è impossibile, hai fatto un’altra cosa, prima. E invece - tac, di nuovo. E’ venuto. E hai anche avuto tutto il tempo di sentirlo, anzi se ci pensi bene ti è sembrato di muoverti al rallentatore. Taaac, al rallentatore. Bello. Allora scii via dritto, in silenzio, felice. Ti guardi in giro, forse qualcuno dei tuoi amici ti ha visto. Magari no. Bè, fa niente. Tanto ormai lo sai fare, lo hai fatto e lo rifarai quell fottutissimo trick. Taac. Quando vuoi. Ancora e ancora. Almeno, pensi.

Valsenales, fine novembre. Sono qui, a sciare. Anche oggi cerco di fare il pieno di neve, di aria fredda, di montagne, di forza centrifuga che mi spinge fuori da ogni curva. Ci sono un sacco di ragazzi in park, tutti più giovani di me. La maggior parte sono in snowboard, con gli sci ce n’è un po’ meno ma complessivamente il livello tecnico è più alto. Decisamente più alto. In telemark in tutto il ghiacciaio oltre a me ci sono tre persone. Scio da solo, senza fermarmi mai, da cima a fondo. Veloce, cercando gli spigoli. Retrò? Retrò un cavolo, poi a me piace. Sciare veloce quando senti che sei coordinato, che il tuo baricentro è là, esattamente dove deve essere, è la sensazione più bella che conosco. Telemark, snowboard, sci ma anche bici, auto, moto, parapendio. In ogni curva, a saperla vedere, c’è la montagna intera. C’è la discesa intera. Ci sono tutte le ragioni per cui scio. Ci sono tutte le forze dell’universo che si riordinano e si riassumono in un unico punto dentro me stesso che è sufficiente sollevare distendendo le gambe e buttare dentro alla prossima curva. C’è tutta la mia vita dentro al mio baricentro, mentre scio. Il Bianchetti, l’AleMazzo e lo Iava ogni tanto fanno un giro con me, in pista. Loro stanno girando in park, hanno tutti i loro trick e i loro salti da provare. Io non capisco nemmeno che nome gli danno, ai loro trick. Va bè. Gli chiedo di darmi un occhio in switch, è dall’anno scorso che ci provo, mi manca poco per sciare fluido all’indietro. Ho quasi capito. Quasi. Il Bianchettino mi ipnotizza quando lo vedo sciare all’indietro. Il suo non è sciare in switch. Il suo è sciare, e basta. Lo guardo e cerco di capire. A tallone libero non è facile sciare bene in switch, ci sono un sacco di cose che devi coordinare. Cerco di concentrarmi sull’idea che devo semplicemente sciare, non importa se in avanti o all’indietro. Ecco, devo sciare, e basta. Sciare. Tac . Funziona. La velocità è folle, se la paragono a tutti i tentativi precedenti, ma mi sento a posto, fluido, naturale. Preciso. Compatto. Tac. Un’altra curva ancora. Tac. Un’altra. Un’altra. Trovo anche il tempo di cercare lo spigolo, di pensare a quale parte del piede devo far lavorare. Taaac. Mi sembra di muovermi al rallentatore. In questo momento potrei farne altre mille di curve così, diecimila, un milione. Tutte le curve del mondo, in switch. L’ho sentita, questa discesa. L'ho sentita. Mi è passata attraverso. Il giro dopo non funziona più così bene, e nemmeno quello dopo ancora ma non importa. Il mio cervello ora sa. Il mio corpo, sa. Lo sanno i miei muscoli, i miei tendini, le mie ossa, i miei polmoni, il mio stomaco, i miei piedi. Lo sa tutto me stesso, come si scia in switch, anche se non sempre ci riesco ancora. Eccolo, il mio trick. Un altro. Il telemark. Eccola un’altra buona scusa con cui continuare a cercare. Cercare. Cercare. Cercare, sempre. Perché non importa quello che sai fare. Non importa se una cosa è facile o se è difficile da imparare. Quello che conta è provare a fare. Quello che conta per davvero è non smettere mai di esplorare. Perché tu sei uno e tutto quello che hai intorno è l’infinito. E nell’uno c’è l’infinito. Perché l’infinito è uno. Uno soltanto.

Cioè, tu.

Peace & Powder.
Emilio

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