giovedì 29 maggio 2014

L'ULTIMO RE DELLO STRADDLE.

E' un po' come la storia del calabrone che secondo la scienza, secondo alcuni, non dovrebbe essere in grado di volare e che invece, vola. E' una storia che a certi, nelle loro conferenze o nei loro discorsi, piace raccontare. E' una storia non vera quella del calabrone, diciamolo, però in fondo ci piace l'idea che uno possa fare delle cose che tutti - perfino la scienza - reputano impossibili. Volare anche se la matematica o la fisica dicono che non puoi volare. 

Sarebbe bella se fosse vera, la storia del calabrone. 

La verità è che il calabrone vola perché lo dice la fisica e l'aerodinamica, non perché lo dice lui. Stessa cosa con Fosbury. Dick Fosbury dico, il saltatore. Fosbury non ha mai battuto un record mondiale, mai, nemmeno uno. Ha vinto un olimpiade e ha inventato un modo di saltare, in fondo la sua vera rivoluzione, la sua vera forza è stata la capacità di guardare alle cose in modo diverso. Saltare all'indietro, contro ogni logica, contro la tradizione e perfino contro la direzione in cui le articolazioni del corpo umano sono in grado di chiudersi. La colonna vertebrale e le cosce sul bacino si piegano in avanti, mica indietro. Però tutti quando parlano di lui, di Fosbury e raccontano la sua storia sentono automaticamente la necessità di dire che ha battuto il record del mondo, o forse siamo noi che siamo portati a pensarlo. La storia funziona meglio se uno dice che Fosbury ha battuto il record mondiale, è più facile da ricordare. E' più facile dargli la connotazione del genio o dell'esploratore, del pioniere. Però non è mica vero e un narratore, anche se è scomodo, anche se la storia funziona meno bene, ha il compito di difenderla la realtà dei fatti quando la conosce. 

Lunedì dovrò parlare di una cosa che ha a che vedere con l'esplorazione e per cercare di spiegarla parlerò tra le altre cose di Forsbury e di come lui ha visto nella tecnica del salto in alto che ha inventato delle cose che nessuno vedeva, delle connessioni, delle possibilità, poi il mondo, tutto il mondo, gli è andato dietro. Studiando questa storia e preparandomi a scriverla e a raccontarla mi sono imbattuto anche in un altro personaggio che pochi conoscono e che nessuno mai nomina o ricorda, quando si parla di Fosbury, non solo perché è venuto dopo di lui. Questo signore è Vladimir Yashchenko che nel 1978 a soli 19 anni a Milano davanti a 15.000 spettatori, al ventesimo salto della giornata, superò la misura di 2 metri e 35 centimetri vincendo i Campionati Europei e stabilendo il primato del mondo indoor del salto in alto. Erano passati dieci anni dal salto che valse l'oro olimpico di Dick Fosbury che inventò quella tecnica rivoluzionaria che oggi tutti gli atleti usano. 

Vladimir Yashchenko fu l'ultimo Re dello straddle, saltava con la tecnica ventrale. Non con la tecnica Fosbury. Forse è per questo che si parla poco di lui, in fondo è un personaggio scomodo, Yashchenko. Disturba. Disturba l'idea del progresso e della creatività che con la vicenda di Fosbury, usandola come metafora di qualcos'altro, ci piace raccontare e sentire raccontare. 

Vorremmo tutti dire e sentirci dire che il mondo cambia grazie alle intuizioni e alle idee come quella di Fosbury e invece il mondo cambia con le idee ma anche con la perseveranza, con i tentativi falliti, con gli errori. Gli obiettivi si raggiungono non soltanto grazie alle intuizioni geniali e al talento ma anche grazie all'allenamento e al sacrificio, grazie allo sporco lavoro noioso e ripetitivo. 

Grazie anche alle vecchie maniere elevate ad arte, certe volte. 

Poi forse Yashchenko disturba anche perché lui era russo e Fosbury americano e i russi negli anni '70 e '80 erano i cattivi e gli americani i buoni. Io nella mia presentazione di lunedì parlerò di Fosbury e non di Vladimir Yashchenko e un po' mi dispiace. Allora lo ricordo qui, con questo video. 

La tua storia Vladimir, per bene, come va raccontata, la dirò un'altra volta. 
Vedrai che l'occasione la troviamo.


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