Le gomme scivolano per via della salsedine. Ieri io sono già caduto, quindi meglio andare adagio. Faccio la curva con prudenza cercando di non inclinarmi troppo poi c’è un rettilineo, ne percorro una decina di metri lentamente, poi spalanco il gas. Spalanco, si fa per dire. Quello che sto guidando è uno scooter greco da 50 centimetri cubici preso a noleggio. Velocità massima 60 kilometri orari, ruote da 12”. Kalymnos, settembre. Fa parecchio caldo.
Alla fine del rettilineo c’è un altra curva, lo scooter viaggia con il motore al minimo, rallento e freno cercando di non bloccare la ruote, prima di impostare la curva mi volto indietro un’altra volta per guardare.
Dov’è Denis?
La strada è deserta.
Curvo prudentemente inclinandomi il meno possibile, raddrizzo e continuo andando a passo d’uomo, Denis non arriva. Strano, però. La strada davanti a me è di nuovo dritta c’è un altro rettilineo un po’ in salita, non resisto al desiderio di aprire il gas un’altra volta. Mi piace quella sensazione della moto che accelera e quel rumore.
Maaaaaaaaaahhhmm.
Apro tutta la manetta del gas. Lo so che è pericoloso e che l’asfalto scivola e che è pieno di buche, so che non dovrei, però lo faccio lo stesso. Accelero. Maaaaaaaaaahhhmm. Percorro un centinaio di metri e poi rallento di nuovo e mi fermo a bordo strada. Denis: o è caduto, o ha sbagliato strada, impossibile non arrivi ancora.
Aspetto. Il motore gira al minimo, c’è quel tan tan tan tan tan metallico del pistone, forse bisognerebbe aggiungere dell’olio. Sicuro. Il sole di fine settembre mi batte sul casco e sulle spalle, c’è una brezza leggera che viene dal mare che non è ancora vento, è solo brezza, io sono già sudato anche se sono solo le nove del mattino e a parte una colazione giga a base di yogurt greco e miele, non ho ancora fatto niente per cui dovrei essere sudato.
Le cicale cantano.
I fili d’erba secca a bordo strada oscillano rigidi nell’aria.
Denis non arriva, che faccio? tan tan tan tan tan, Maaaaaaaaahhmmm apro il gas, attraverso la strada in curva facendo inversione di marcia e sfiorando l’asfalto con il piede torno indietro, vado a vedere. Svolto oltre la prima curva e Denis non c’è ancora, proseguo. Arrivo quasi in fondo al secondo rettilineo, appena sto per svoltare dietro alla prima curva eccolo che compare. Va pianissimo, con uno sguardo diligente e guidando con una meccanica di curva, con una geometria delle traiettorie che mentre lo vedo penso debba necessariamente essere una meccanica di curva tutta sovietica. Russa. Inesorabile, inconsueta, squadrata.
My friend Denis Urubko |
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