giovedì 5 giugno 2014

MOTO E SENTIERI.

In questo giorni sul giornale della mia città è molto acceso il dibattito sul tema "motociclette sui sentieri di montagna." Quasi ogni giorno on-line o sulle pagine de L'Eco di Bergamo si leggono lettere a favore o contro l'enduro. (Esatto, enduro, non motocross, come spesso nelle lettere di protesta o nei dibattiti viene chiamato. Cross e Enduro o Trial sono tre cose completamente differenti tra loro, volendo entrare nel merito della questione con l'ambizione di comprenderla e dibatterne è impossibile non tenere conto della differenza). Sarebbe facile e comodo per me schierarmi dalla parte - presunta - degli alpinisti e degli amanti della montagna, dicendo un No categorico e intransigente alle moto e ai motori sui sentieri. Potrei farlo e mi renderei forse simpatico a un certo numero e a un certo tipo di praticanti della montagna ma non renderei il servizio necessario all'ambiente e alle mie Orobie. Per me le montagne sono un luogo di libertà e di tolleranza, di condivisione e di rispetto, oltre che di protezione della wilderness. Cerco sempre quando qualcuno chiede la mia opinione di spiegare in modo chiaro e senza ambiguità quello che penso e quello in cui credo e direi che in questo caso, su questo tema, limitarsi a dichiararsi contro le moto sui sentieri non sia sufficiente. Non è abbastanza. Sarebbe un modo ipocrita e conveniente di aggirare la domanda e di ignorare l'altra parte del problema, fatta ad esempio di baite che diventano ville, di ricoveri attrezzi che diventano casette, di rifugi che diventano ristoranti, di mulattiere che diventano strade, di impianti di risalita già in loco da decenni e tutto sommato sostenibili che diventano o vorrebbero diventare mostruose cattedrali nel deserto. Mi spiego meglio: non mi piacciono le motociclette sulle montagne ma conosco anche la tradizione e la storia motociclistica delle Valli Bergamasche. Conosco le mulattiere, i sentieri, gli itinerari e le potenzialità del turismo legato alle moto e anche se io non lo pratico riconosco il diritto di altri a praticarlo. Nei limiti delle regole, nel rispetto dell'ambiente e di ciascuno, e su una quantità limitata di itinerari eventualmente da stabilire. Serve casomai regolamentarlo l'uso delle moto (e delle auto, anche quelle di certi "rifugi" e "rifugisti") definire gli spazi e i limiti, i periodi di utilizzo nell'arco dell'anno, della settimana, della giornata, ma io credo, come il lettore che ha scritto oggi a L'Eco, che la convivenza sia possibile, ne sono convinto. Sono convinto che quella del dialogo e del venirsi incontro sia l'unica strada possibile. Seguendo il dibattito da un po' ed essendo contro tutti gli integralismi, da qualsiasi parte arrivino, direi che il muro-contro-muro non è il modo utile o intelligente di affrontare la questione e di difendere l'ambiente montagna. Non ho intenzione di cominciare da domani a girare in moto sui sentieri e farò sempre di tutto per tutelarle e difenderle le mie montagne - da qualsiasi tipo di arroganza e di prepotenza - e credo che per mettermi al loro servizio, per proteggerli i nostri sentieri sia indispensabile il dialogo tra chi li utilizza. E' indispensabile l'ascolto. La tolleranza, lontani da ogni pregiudizio. Se servisse davvero a risolvere il problema, a gestirlo in modo efficace, sono disposto anche a farmi da parte sul sentiero ogni tanto, a cambiare gita o itinerario e a lasciarli passare certi enduristi o trialisti, in certi posti dove credo, sinceramente, i veri problemi siano altri. Conosco molti enduristi (o cacciatori o pescatori) e molti tra loro sono persone in gamba, ragionevoli, amante della natura e animati da una passione genuina identica alla mia per lo scialpinismo o per l'arrampicata, molti di loro mi sembrano molto meno nocivi per l'ambiente di certi ecologisti da salotto. Probabilmente il vero problema dell'ambiente è l'idea che hanno alcuni di noi del territorio, che in virtù di non so cosa considerano sempre e soltanto, in modo esclusivo, cosa propria. Le montagne sono di tutti, le regole devono essere condivise, non imposte.

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