venerdì 6 giugno 2014

ACETO. [non il fantino]

Una volta ero in macchina con un mio amico americano che si chiama Jim, eravamo in California e stavamo tornando da una bella settimana di sci-alpinismo nella zona di Tioga Pass, stavamo viaggiando in macchina - un grande furgone Dodge che per i climber gli americani è l'equivalente del mio VW Multivan - e stavamo andando verso casa sua, nei pressi del Lake Tahoe. Io ero mezzo sdraiato sul sedile, senza scarpe, stavamo viaggiando tranquilli, la strada era semi deserta e c'era una luce bellissima, stava quasi venendo buio e ci siamo messi a parlare di cibo. Dicevo a Jim che per un italiano è difficile mangiare negli Stati Uniti, e lui mentre teneva le mani accoppiate sul volante e guardava la strada annuiva con la testa e diceva che poteva capirmi. Mi disse che nella sua famiglia - Jim ha due figli - cercavano di mangiare bene, in modo naturale, e che compravano spessissimo prodotti italiani. Ma va', dissi io. Lui mi disse di Sì, certo. Mi disse Noi compriamo sempre pasta italiana e prodotti italiani, anche olio e aceto. Vino. Formaggio Grana. Andammo avanti a parlare per un po' di cibo italiano, io dissi che la differenza tra il modo di mangiare italiano e quello di tutti gli altri popoli non dipende dal modo di cucinare, ma dagli ingredienti. La cucina italiana usa ingredienti naturali - fin qui niente di strano, anche altri popoli li usano - però alcuni di questi ingredienti naturali vengono lavorati a lungo e da lungo tempo e per lavorarli, per mettere a punto le tecniche di lavorazione sono serviti secoli di tempo, servivano coltivazioni, campi, lavoratori, una organizzazione sociale dello stato, insomma il cibo e la cultura in Italia sono legate in modo indissolubile, cercavo di dire. E' per quello che in Italia abbiamo centinaia di tipi di formaggio e in tutti gli Stati Uniti voi ne avete fondamentalmente tre. Jim non era proprio contento di stare sotto quanto a formaggio, comunque ancora annuiva. In effetti, è così. Idem per il grano duro. E per l'olio di oliva, l'olio d'oliva non ce l'hanno da nessun altra parte, nella loro storia. Parlavo delle differenze tra l'olio di oliva toscano e quello pugliese, insomma anche se non sono un esperto di cibo e di cultura del cibo cercavo di spiegare quello che mi sembrava che fosse. Jim sempre con le mani sul volante, un po' ingobbito nella penombra, annuiva. Poi abbiamo iniziato a parlare di vini e io lì ho detto subito di non essere un grande intenditore, mi sembrava che Jim ne sapesse più di me. Gli piace il vino, anche la birra se è per quello. Poi abbiamo iniziato a parlare di aceto e Jim si riavviò sull'argomento, anche se mi sembrò piuttosto sorpreso di quella cosa che gli dicevo dell'aceto che ha a che fare con il vino, cioè del fatto che il vino va in aceto. Ma và? mi disse. Certo, da dive credevi che arrivasse? Fece un movimento laterale con la testa, senza rispondere. Iniziammo a parlare dell'Aceto balsamico di Modena e lì, Jim, ebbe un sussulto. Ah, Aceto-Balsamico-di-Modena DOP is wonderful, mi disse. Lo conosceva. Perlomeno conosceva il nome o l'etichetta, mi descrisse perfino la forma della bottiglietta. Ci fu un attimo di silenzio in cui andavamo avanti per la strada deserta e dritta, erano decine di chilometri di strada perfettamente dritta, proseguimmo per un po' al buio, ormai era diventato buio. Incrociavamo i fari di qualche auto ogni tanto. Jim ebbe una idea. Perché quando arriviamo a casa questa sera, non ci facciamo una pasta? Bene, dissi io. Per me è ok. Pasta e aceto disse Jim. Come pasta e aceto? Pasta e aceto. Tagliatelle - pronunciò la parola tag-li-a-ttele come la pronunciano gli americani. Noi la facciamo sempre, pasta e aceto. It's wonderful. Magari se c'è un messicano, qui, alla prossima stazione di servizio, Jim. Io ho fame subito. Per arrivare a casa sua mancavano ancora almeno duecento chilometri. Ci siamo fermati al messicano. Per fortuna.

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