venerdì 22 agosto 2014

L'ARTE DI ACCAMPARE SCUSE.

In questi anni ho sentito raccontare migliaia di stronzate sul freestyle, parlo di sci ma anche di snowboard. Ho sentito atleti nostrani o presunti tali (presunti atleti, dico) sostenere e fare scrivere sui giornali attraverso le proprie interviste idiote che il freestyle è festa, bordello. Stile di vita. Ossa rotte. Sregolatezza. Libertà.

Cazzate, la libertà è un'altra cosa.

Ci siamo ritrovati con una generazione di skiers convinti che a fare la differenza fossero la larghezza o il taglio dei pantaloni, le fotine e le mini-ITW sui giornali specializzati, la quantità di festa che si faceva la sera prima, durante e dopo gli eventi mettendosi in mostra. Mettersi in mostra al bar, intendo. A progredire ci hanno sempre pensato i soliti, gli atleti veri, quelli che non hanno mai perso di vista l'allenamento e la progressione, il metodo, anche in Italia che ne sono alcuni, molto in gamba.

Poi ho sentito altrettante stronzate che hanno a che vedere con il talento, frasi fatte idiote che non hanno altro scopo che giustificare la propria incapacità di concentrarsi su qualcosa, di insistere, di perseverare. E' passata l'idea che il talento uno ce l'ha, perché l'ha ricevuto da Dio piovuto dal cielo, oppure non ce l'ha. E poi la solita scusa italiana, quella della carenza delle strutture.

In questo video Jesper Tjäder che è un'atleta dell'ultima generazione - anzi, della penultima - esegue su un rail tutte le 32 combinazioni possibili e immaginabili di un trick [ 90 on, 180 switch up, 270 out], mostra una coordinazione, una destrezza, una simmetria e una capacità esecutiva imbarazzante. E' il frutto di impegno, di lavoro metodico, di allenamento. Il rail è un normalissimo rail che si può trovare anche nella più sfigata delle stazioni sciistiche sfigate del pianeta.

Noi - noi italiani - continuiamo a nasconderci dietro alla scusa della carenza di strutture e di attenzione da parte dei grandi media. La verità è che abbiamo sprecato la maggior parte del tempo accampando scuse invece che allenarci e formare tecnici e che l'attenzione dei grandi media, quando è capitato di averla, l'abbiamo sprecata parando di freestyle come lifestyle e come stile di vita e di altre puttanate del genere, invece che parlare di sport e di allenamento.

Per fortuna anche da noi è in arrivo una nuova ondata di atleti e soprattutto di allenatori in gamba che ci capiscono e che hanno voglia. Questi tecnici e questi allenatori sono i pionieri del freestyle italiano,  gli atleti di ieri e dell'altro ieri, quelli che il freestyle l'hanno sempre vissuto come sport e come passione profonda, che sono diventati adulti e che ora prendono in mano la progressione del loro sport per farlo crescere.

Bene. Buon lavoro, allora.

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