venerdì 19 settembre 2014

SCURDAMMOCE 'O PASSATO.

Jens Voigt mi sta simpatico. E' alto un metro e novanta e ha due gambe così. Ha 43 anni quindi sportivamente parlando è un vecchietto. E ha sei figli. A me se uno è ha più di due figli, d'ufficio, mi sta già simpatico. Io ne ho tre, di figli. Voigt il doppio di me. Simpaticissimo, lui. 

Una volta in un intervista gli ho sentito dire che quando uno sente di essere al limite, quando uno sta andando a tutta e il suo corpo alla fine di una gara a cronometro o alla fine di una salita gli urla di mollare, di smettere, che non vuole soffrire più, uno al suo cuore, ai suoi polmoni, al suo fegato, ai suoi muscoli gli deve dire di stare zitti e di ascoltare la mente. La mente è tutto. La mente comanda. "Shut up, legs", state zitte, gambe. Dovete pedalare, è il cervello che ve lo dice. Cioè, io. Me. Me medesimo. E' una frase così bella, un modo di pensare e in fondo di esistere così bello, puro, basato sulla perseveranza, sull' essere ostinati, determinati, convinti che se solo avessi un po' più di coraggio quella frase me la tatuerei sulle gambe. "Shut up, legs". In piccolo, da qualche parte. 

Ieri Voigt per festeggiare la fine della sua carriera di ciclista professionista ha deciso di tentare di battere il record dell'ora, come ultima sfida. Ci ha provato e in un ora ha percorso 51,115 km che vuol dire andare forte. Molto forte. Ha anche stabilito un record, a quanto pare. Ecco, mi immagino voi che leggete adesso, voi che di ciclismo non vi interessate tanto che state tentando di richiamare alla mente qualche flashback della vostra giovinezza. Anno 1984, Città del Messico. Francesco Moser. Tutino aderente bianco e blu con scritta Tuc Gis Gelati. Niente casco, cuffietta di lycra in testa tipo quella che ci si metteva per andare in piscina con su scritto Enervit. Ruote lenticolari. Ma non lo aveva battuto lui, il record? Prima 50 e qualcosa. Poi 51,151 km. In un ora. 

Sì, è esatto. Forse voi non lo sapete ma ci sono nuove regole nel ciclismo, l'UCI a maggio di quest'anno ha deciso di rilanciare il record dell'ora e di dare un bel colpo di spugna al suo passato. Una operazione di restyling meditato e profondo. Un progetto ben preciso, a pensarci bene, devono averci studiato su bene. Il record dell'ora è una performance umana estrema che metteva in imbarazzo il governo mondiale del ciclismo. Imbarazzo pesante. Gli ultimi venti anni sono stati i più bui della intera storia del ciclismo, l'intera credibilità dello sport è stata messa in ginocchio dal doping. E dall'antidoping, dobbiamo anche dire. Da quell'altalena di performance mostruose e di squalifiche tardive che si rincorrevano non per mesi o settimane ma per anni, troppi, pateticamente in certi casi, con squalifiche che tentavano di cancellare non vittorie, intere carriere sportive. Vedi Armstrong, ad esempio. 7 tour de France, fuiishhht. Spariti in un soffio. 

L'UCI a maggio dello scorso anno ha deciso di fare una bel gioco di prestigio, i giochi di prestigio sono quei trucchi dove tu sposti l'attenzione dello spettatore su una cosa mentre con le mani - ma devi essere bravo, e veloce - fai dell'altro. E insomma così, in corsa, dopo venti anni di pensa e ripensa, tira e molla, dopo vent'anni di soffocamento e morte tecnica del record dell'ora l'UCI, passando da Moser a Rominger al geniale O'Bree fino al semi sconosciuto Sosenka, ha cambiato strategia, cambiando le regole del gioco. Le biciclette. Il problema del record dell'ora, a quanto si è appreso a maggio e a quanto scrivono oggi quasi tutti i giornali, erano le biciclette. Non gli atleti o chi li doveva controllare. Le bici. 

E così - con tutta la simpatia che ho per Voigt - ci ritroviamo con un record dell'ora nuovo fiammante che non è nemmeno superiore a quello di Moser dell' 84, che correva quando non avevano ancora inventato la tecnologia del carbonio, i telai in carbonio, le ruote ad alto profilo, i manubri aerodinamici e poi i cardiofrequenzimetri, i powermeter, insomma tutto quello che c'è nel ciclismo di adesso, oltre al doping, che quello già c'era. L'UCI - e certi giornali - ci vogliono convincere che il reset del record dell'ora è stato fatto ed era necessario. Che la bicicletta di Voigt di ieri era meno tecnologica di quella di Moser dell'84. 

Ecco, a me oggi, con tutta la simpatia che ho per Voigt, mentre leggevo stamattina su La Gazzetta dello Sport di questo nuovo record mi è venuto in mente quel film di Benigni, Johnny Stecchino, dove lui va a Palermo e gli succedono un sacco di avventure rocambolesche collegate alla vita malavitosa e alla mafia e c'è questo dialogo con l'avvocato D'Agata mentre sono in macchina e lui insomma, l'avvocato, con tono convinto, dopo un lunghissimo e bellissimo discorso, condivisibilissimo, dice che la piaga di Palermo, è il traffico. 

Ma veramente?

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