venerdì 23 settembre 2011

BONATTI


A capire davvero Bonatti fino in fondo, fino a qualche anno fa, credo fossero in pochi. Tutti hanno conosciuto il suo talento di alpinista, di scalatore e di esploratore. Ammirare quello era facile. Tanti altri ancora, alpinisti e non, hanno goduto della sua capacità di narrare, leggendo i suoi libri e ascoltando i resoconti delle sue esplorazioni.  In molti meno credo, anche tra gli alpinisti, immaginavano che il suo modo romantico di interpretare l’avventura potesse rappresentare anche il futuro remoto dell’alpinismo. Ora siamo tutti consapevoli del concetto: esplorare, dentro e fuori di noi. Tutti dovremmo saperlo perlomeno, cosa significa. Grazie a lui oggi possiamo sapere cosa è moderno, di avanguardia e cosa no, nell’alpinismo, nell’esplorazione, nell’arte del racconto. Possiamo anche fare finta di non saperlo, ignorare le sue anticipazioni, le sue visioni, le sue intuizioni. Ma così è.  Oggi tutto è chiaro. Walter Bonatti ci ha insegnato che la qualità e la classe di un uomo – oltre che di un alpinista - risiedono nella estrema polivalenza e non nella estrema specializzazione. Di lui ho ammirato il coraggio, la capacità di ascoltarsi, la capacità di raccontare, la genuina voglia di conoscere e di esplorare. E la discrezione. Ho ammirato soprattutto, dopo la celebrità, la sua vita di uomo in grado di raccogliere altre sfide, in grado di attendere, in grado di stare a guardare. Per me era un grande. Mi ha insegnato a sognare. Grazie, Walter.