sabato 21 luglio 2012

GAVIA, VOLVO AZZURRA, LACRIME. E BASETTONI.

C'è uno che scende dal Gavia con una Volvo azzurra e una roulotte. Il Passo Gavia, dico. Con dietro la roulotte. Non so se rendo. Al volante della Volvo c' è un signore sui settant'anni ancora in gamba, abbronzato. Guida a torso nudo, sorride. La moglie gli sta seduta accanto. E' una signora con una bella messa in piega ordinata, un vestitino a fiorellini leggero e la cintura di sicurezza diligentemente allacciata, anche lei circa sulla settantina, un po' su di peso. E' una di quelle donne che pensi subito che ci deve saper fare in cucina, poi il tuo occhio si sposta dal suo viso dietro il parabrezza della Volvo alla targa gialla sotto al paraurti, e allora ti dici: Si ma che cacchio vuoi che facciano di buono da mangiare in Olanda? Patate, al massimo? e allora il tuo entusiasmo, cala.

Il signore olandese scende dall'auto per dare un occhiata al tornante. Pantaloncini azzurri, se li tira su pinzandoli sui fianchi, sandali con i calzini. Bianchi. Le basette grigie lunghe, perfettamente curate. Sul torace un pelo folto, grigio, come le basette. Ti fa un cenno di saluto con il capo. Tu che ti sei dovuto fermare ti sistemi meglio con il piede a terra e giri di lato il manubrio, che stai più comodo. Ti godi la scena, sei sul bordo del tornante. Questo è pazzo, pensi. Ti tiri su un po' la zip della maglia della bici che ti ha regalato un tuo amico, che sei sudato, l'arietta è fredda. Ti chiedi Ma lui 'sto qui, 'sto vecchio qui con quelle basette, un tempo, sarà stato uno di quelli che se ne andava in giro con la Harley tipo Easy Rider o un figlio dei fiori? Cerchi sul suo corpo un tatuaggio, un segno, anche piccolo. Una cicatrice. Un indizio. Niente. O era un tranquillo caporeparto della Philips? Un impiegato di banca di Leida? Mentre stai lì sul tornante ad aspettare ti salta in mente una fotografia che hai visto di tre ragazze con i capelli lunghi che ballano nude in un prato, tenevano le braccia sollevate per aria, tre ragazze nordiche, bellissime, bionde, a Woodstok. Nel '69. Il tuo sguardo torna alla signora. Lei vede che la guardi e ti sorride.

Nel frattempo il signore con i capelli grigi è già risalito in auto, ha richiuso la portiera e sta levando il freno a mano. Viene avanti ancora di un metro verso la curva e ti fa segno con la mano di passare, poi lui farà la manovra. Tu ti rimetti a pedalere e vai, sei il primo della fila. Sfili tra il muro di rocce e la roulotte, loro li lasci lì, ti chiedi come faranno a girare? E' così stretto. Mentre pedali ti volti a guardare indietro e sul vetro posteriore della roulotte c'è un adesivo azzurro di un campeggio dove da piccolo sei stato anche tu. International Camping Etruria, Marina di Castagneto Carducci (LI). Pensi che quell'uomo potrebbe avere l'età di tuo padre. E' con una roulotte a metà del Passo Gavia, da solo, in un paese in cui non si parla la sua lingua, accompagnato soltanto da una donna mite e fiduciosa che siede al suo fianco e che a sua volta potrebbe essere tua madre. Ti chiedi i suoi figli, i figli di quest'uomo, dove saranno adesso? Automobilisti e motociclisti incazzati come jene fanno retromarcia giù per il Gavia bestemmiando in tutti i dialetti italiani e in altre due o tre lingue straniere. Le senti le loro voci rimbalzare tra i pini nel bosco, mentre tu continui a salire. Lui, il vecchio, continua a scendere tirandosi dietro la roulotte e sorridendo e ringraziando tutti. Tu sali, pedali verso il passo e anche dopo, in discesa, continui a pensare a loro, a quei due. Pensi a quell'uomo e a quella donna anziana che sorridono, felici, privi di paura. Ti chiedi se ce l'avranno fatta poi a fare tutti quei tornanti stretti che ci sono più giù di dove li hai incontrati.

Poi te ne dimentichi di quell'uomo e di quella donna. Arrivi a Bormio e poi e sali lo Stelvio. E' duretta. Lunga. Quasi in cima allo Stelvio, su uno degli ultimi tornanti ti chiedi chi è che te la fa fare, a te, sempre, tutta quella fatica. Ti chiedì perchè la fai. Perchè? Ti viene da piangere - piangi mentre pedali - e ti senti felice. Pedali regolare. Respiri. Ti sembra tutto chiaro, il perché sei lì. Poi arrivi in cima allo Stelvio, scendi dalla bici e quella sensazione di chiarezza, di unione con te stesso, svanisce. Ti guardi intorno e dovresti essere felice, invece ti accorgi che non sei particolarmente felice, che non c'è niente di speciale lì in cima, niente da vedere, che lo Stelvio lo hai visto mille altre volte, in estate, in inverno, con il sole, con la pioggia, con la nebbia, con la neve, con la gente, senza gente, con il vento, senza vento. Intorno a te ci sono una infinità di altri ciclisti e motociclisti e automobilisti e camperisti e fancazzisti e anche qualcuno con la  macchina con dietro la roulotte - come chiamarli, roulottisti? - che camminano a vuoto in mezzo alla strada e si guardano tutti in faccia tra loro facendosi delle espressioni che sono come una domanda, una semplice unica domanda che si fanno tutti e a cui nessuno sembra saper dare una risposta. Che cosa c'è qui? Quasi tutti quelli che vedi in cima al Passo Stelvio si allontanano un attimo, si appartano come e cercano di fare una foto con il telefonino. Ma non sanno esattamente cosa fotografare. Si capidsce che non sanno dove inquadrare, cosa inquadrare. Forse è anche la fretta. Un Passo è un luogo in cui, per definizione, si passa appunto. Ma tutti comunque sembrano non sapere perchè sono lì, perché quel punto dovrebbe essere così importante e non lo sai più nemmeno tu adesso che vorresti fare una foto. Inquadri e non vedi niente. Fai foto e non fotografi niente.

Lì in cima in effetti non c'è niente. Niente di niente. Niente da vedere, niente da fotografare. Niente da portare via. Anche i souvenir che vendono, non ti viene voglia di comprarli. Quello che cercavi te lo sei portato su tu da solo, era già dentro di te. Tu la risposta a quella domanda che si fanno tutti adesso ce l'avevi già prima, qualche tornante sotto, quando ti veniva da piangere mentre pedalavi, inutile cercarla ora.

Poi una sera d'inverno, tanti mesi dopo, andrai a casa di alcuni tuoi amici a cena e ti verrà voglia di programmare una vacanza in bici e ci sarà chi dice Andiamo a fare L'Alp d'Huez e ci sarà chi dice andiamo a fare cicloturismo lungo il Danubio e tu dirai andiamo a fare Stelvio e Gavia in un giorno solo e ci sarà chi dice perché non andiamo in Olanda?

In Olanda, a fare?

In Olanda.

Allora a te verrà in mente quel signore del Gavia, con la Volvo azzurra e la roulotte. Ti verranno in mente il sorriso di quella signora con quel vestito a fiorellini, la foto con le tre ragazze che ballano nude e le basette grigie di quel signore. Ti verrà in mente il camping Etruria di Marina di Castagneto e di quando eri piccolo e hai dato il primo bacio con la lingua a una ragazza, sulla spiaggia, mentre stava iniziando a venire buio e pioveva. Penserai che in Olanda da qualche parte a una cena tra amici a Leida o a Rotterdam o a Amstetram o chissà dove ci deve essere un signore sulla settantina che racconta che lui, il Gavia, quello che fanno al Giro, lui lo ha fatto in discesa tirandosi dietro perfino la roulotte. Ti verranno in mente gli ultimi tornanti dello Stelvio prima di arrivare in cima, quando quel giorno mentre pedalavi ti era venuto da piangere. Avevi pianto in silenzio sotto gli occhiali quella volta, poi prima di arrivare al passo ti eri dato un asciugata con le mani, che ti scocciava farti vedere dalla gente che c'era lì, ti dispiaceva che magari capissero che tu sei uno che certe volte piange, non sai neanche il perché.

Non ti disturba l'idea che qualcuno ti abbia visto con un aria da ebete mentre circolavi con il telefonino in mano. Ccome tutti ti eri messo a fare delle foto all'aria, a niente, non sai nemmeno a che cosa le facevi le foto, quando sei arrivato in cima allo Stelvio. Quello no, quello non ti disturba.

Che qualcuno magari si accorga che hai pianto, di felicità, quello invece sì, ti disturba. Ti mette a disagio.

Ma sarai coglione?

Nessun commento: