Vengo a lavorare in un posto fresco, in questi giorni. All'aperto. E’ un
ampia semicurva sulla strada che collega Aviatico a Cornalba. All’interno di
questa semicurva c’è un prato e un piccolo parco giochi, uno scivolo e due
giostrine, alcuni alberi e qualche tavolino di legno, ce n’è uno all’ombra
dalla mattina presto fino a mezzogiorno e io mi letto lì. Mi metto lì con i miei
libri, le mie carte, il mio computer, mi metto lì a lavorare. E’ un posto
fresco e ventilato, tranquillo, ma spesso è difficile rimanere concentrato sul
lavoro che devo fare. Sulla strada
passa qualche auto – poche, in verità – e qualche bici. Nel parchetto giocano
dei bambini piccoli, sono in villeggiatua, quasi tutti con i nonni. Quasi tutti
di Milano. Alle spalle passano dei villeggianti che passeggiano, cazzeggiano,
io credo che sia gente che soffre.
Credo che soffrano veramente tantissimo
perché non hanno niente da fare. Una volta che si sono svegliati, lavati,
vestiti, una volta che sono andati a fare quel poco di spesa di cui hanno bisogno
per pranzare a mezzogiorno, una volta che hanno bevuto il caffè al bar, che
hanno scambiato due chiacchiere con il fruttivendolo o con qualche altro
villeggiante, una volta che hanno fatto tutto questo, non hanno più niente da
fare per tutto il giorno. Allora si avventurano in una passeggiata con il coniuge o con i suoceri,
si ingaggiano in discussioni oziose e senza senso. Io li sento, da qui dove
sono, stanno sulle altre panchine qui vicino e l’aria mi porta le loro parole.
C’è silenzio, le voci e i suoni viaggiano e si allargano e si lasciano portare.
Alle mie spalle c’è una specie di sentierino che consente di tagliare la curva,
è una specie di scorciatoia che costeggia la siepe, i passanti passano quasi
tutti da lì, alle mie spalle. Fanno la scorciatoia per tagliare la curva e fare
più in fretta, è un comportamento assurdo. Sono in vacanza e hanno del tempo da
perdere, tutto il tempo che vogliono, la strada principale sarebbe più bella e all’ombra, però loro hanno fretta, e tagliano.
Una fretta che li divora e che li innervosisce e di cui sentono gli effetti ma
di cui non conoscono l’origine. Quando sbucano da dietro l’albero che ho alle
spalle e mi vedono che lavoro credo che scattino una specie di fotografia
mentale di me. Vedono i libri. Il computer. Me che lavoro assorto, cercano di capire. Chissà che
idea hanno di me.
Io li vedo riflessi nello schermo del computer, vedo che
girano la testa mentre passano come per sbirciare, ovviamente non possono
vedere niente di quello che sto scrivendo. Potrei scrivere un saggio
filosofico: Questa è la differenza tra
scienze della natura e le scienze della cultura: le scienze della cultura
ricercano le intenzioni che si celano dietro alle cose. Eccetera. Oppure magari potrei scrivere in chat a
un mio amico, cazzeggiare: Allora, oggi a ke ora? Oppure,
non so. Scrivere qualsiasi cosa, loro non lo sanno. Una relazione. Una lettera di dimissioni. Una lettera d'amore. Chissà cosa
pensano? Guardano e poi si girano di nuovo a guardare la strada. Vanno.
Da quando sono
qui, stamattina, ho visto passare:
- una decina di automobili, tutte che andavano
pianissimo. Una prevalenza di piccole auto a quattro ruote motrici, tipo Panda
e Fiat16, quasi tutte guidate da persone anziane;
- una decina di biciclette, solo un paio mtb, le
altre tutte bici da strada – anche qui prevalenza di persone anziane;
- un paio di coniugi sulla quarantina che camminavano con dei
lunghi bastoncini da nordic walking impegnati in una discussione
sull’arredamento del loro appartamento, lei era molto nervosa. Incazzata nera;
- uno con una moto di grossa cilindrata che andava piano. Uno con
uno scooterone e i sandali.
- un nonno con un nipotino in un passeggino;
- un signore con un bastone di legno in mano e un
cane che sono passati alle mie spalle. Il signore parlava al cane facendogli
delle domande e riprendendo a parlare poco dopo come se il cane gi avesse dato
una risposta. Il cane era un bastardino a pelo lungo piuttosto basso con la
lingua a penzoloni, credo avesse sete. Dall’altra parte del parco c’è una
fontanella, si fermano anche i ciclisti, ma se uno fa il taglio della
scorciatoia non è possibile vederla, la fontanella. Il signore e il cane non
l’hanno vista.
- una VW Polo vecchio tipo con la musica a tutto volume che
usciva dal finestrino. Tum, tum, tum, tum.
Poi è passata una processione con un prete che
recitava delle preghiere ad alta voce, Padre
nostro che sei nei cieli sia santificato il tuo nome, venga il tuo regno, sia
fatta la tua volontà come in cielo così in terra c’era uno con una
maglietta blu che teneva un palo con una cosa dorata in cima. Una processione
non tanto numerosa, quasi tutte persone anziane, qualche donna e qualche
bambino.
Accanto a me, sulla panchina a
fianco, si sono appena sono seduti due per fare un riposino, una pausa della loro
camminata. Sono un paio di signori sulla sessantina, a giudicare dalla parlata
di Milano o di Varese. Lui ha intavolato un discorso sulla formica leone. Sa
delle cose sulla formica leone e anche sulle formiche volanti. Sulla relazione
tra le formiche volanti e il meteo e la temperatura e il riscaldamento dei
pianeti e l’intelligenza di tutti gli insetti che sono gli unici che
sopravviveranno alla guerra atomica. Adesso si sono alzati
Sono appena andati via, sono
passati alle mie spalle, mi hanno salutato. Mi hanno detto Come si sta bene qui.
Camminavano molto piano.
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