lunedì 5 agosto 2013

AL FRESCO.


Vengo a lavorare in un posto fresco, in questi giorni. All'aperto. E’ un ampia semicurva sulla strada che collega Aviatico a Cornalba. All’interno di questa semicurva c’è un prato e un piccolo parco giochi, uno scivolo e due giostrine, alcuni alberi e qualche tavolino di legno, ce n’è uno all’ombra dalla mattina presto fino a mezzogiorno e io mi letto lì. Mi metto lì con i miei libri, le mie carte, il mio computer, mi metto lì a lavorare. E’ un posto fresco e ventilato, tranquillo, ma spesso è difficile rimanere concentrato sul lavoro che devo fare.  Sulla strada passa qualche auto – poche, in verità – e qualche bici. Nel parchetto giocano dei bambini piccoli, sono in villeggiatua, quasi tutti con i nonni. Quasi tutti di Milano. Alle spalle passano dei villeggianti che passeggiano, cazzeggiano, io credo che sia gente che soffre. 

Credo che soffrano veramente tantissimo perché non hanno niente da fare. Una volta che si sono svegliati, lavati, vestiti, una volta che sono andati a fare quel poco di spesa di cui hanno bisogno per pranzare a mezzogiorno, una volta che hanno bevuto il caffè al bar, che hanno scambiato due chiacchiere con il fruttivendolo o con qualche altro villeggiante, una volta che hanno fatto tutto questo, non hanno più niente da fare per tutto il giorno. Allora si avventurano in una passeggiata con il coniuge o con i suoceri, si ingaggiano in discussioni oziose e senza senso. Io li sento, da qui dove sono, stanno sulle altre panchine qui vicino e l’aria mi porta le loro parole. C’è silenzio, le voci e i suoni viaggiano e si allargano e si lasciano portare. 

Alle mie spalle c’è una specie di sentierino che consente di tagliare la curva, è una specie di scorciatoia che costeggia la siepe, i passanti passano quasi tutti da lì, alle mie spalle. Fanno la scorciatoia per tagliare la curva e fare più in fretta, è un comportamento assurdo. Sono in vacanza e hanno del tempo da perdere, tutto il tempo che vogliono, la strada principale sarebbe più bella e all’ombra, però loro hanno fretta, e tagliano. Una fretta che li divora e che li innervosisce e di cui sentono gli effetti ma di cui non conoscono l’origine. Quando sbucano da dietro l’albero che ho alle spalle e mi vedono che lavoro credo che scattino una specie di fotografia mentale di me. Vedono i libri. Il computer. Me che lavoro assorto, cercano di capire. Chissà che idea hanno di me. 

Io li vedo riflessi nello schermo del computer, vedo che girano la testa mentre passano come per sbirciare, ovviamente non possono vedere niente di quello che sto scrivendo. Potrei scrivere un saggio filosofico: Questa è la differenza tra scienze della natura e le scienze della cultura: le scienze della cultura ricercano le intenzioni che si celano dietro alle cose. Eccetera.  Oppure magari potrei scrivere in chat a un mio amico, cazzeggiare: Allora, oggi a ke ora? Oppure, non so. Scrivere qualsiasi cosa, loro non lo sanno. Una relazione. Una lettera di dimissioni. Una lettera d'amore. Chissà cosa pensano? Guardano e poi si girano di nuovo a guardare la strada. Vanno.

Da quando sono qui, stamattina, ho visto passare:

- una decina di automobili, tutte che andavano pianissimo. Una prevalenza di piccole auto a quattro ruote motrici, tipo Panda e Fiat16, quasi tutte guidate da persone anziane;
- una decina di biciclette, solo un paio mtb, le altre tutte bici da strada – anche qui prevalenza di persone anziane;
- un paio di coniugi sulla quarantina che camminavano con dei lunghi bastoncini da nordic walking impegnati in una discussione sull’arredamento del loro appartamento, lei era molto nervosa. Incazzata nera;
- uno con una moto di grossa cilindrata che andava piano. Uno con uno scooterone e i sandali.
- un nonno con un nipotino in un passeggino;
- un signore con un bastone di legno in mano e un cane che sono passati alle mie spalle. Il signore parlava al cane facendogli delle domande e riprendendo a parlare poco dopo come se il cane gi avesse dato una risposta. Il cane era un bastardino a pelo lungo piuttosto basso con la lingua a penzoloni, credo avesse sete. Dall’altra parte del parco c’è una fontanella, si fermano anche i ciclisti, ma se uno fa il taglio della scorciatoia non è possibile vederla, la fontanella. Il signore e il cane non l’hanno vista.
- una VW Polo vecchio tipo con la musica a tutto volume che usciva dal finestrino. Tum, tum, tum, tum.

  Poi è passata una processione con un prete che recitava delle preghiere ad alta voce, Padre nostro che sei nei cieli sia santificato il tuo nome, venga il tuo regno, sia fatta la tua volontà come in cielo così in terra c’era uno con una maglietta blu che teneva un palo con una cosa dorata in cima. Una processione non tanto numerosa, quasi tutte persone anziane, qualche donna e qualche bambino.

Accanto a me, sulla panchina a fianco, si sono appena sono seduti due per fare un riposino, una pausa della loro camminata. Sono un paio di signori sulla sessantina, a giudicare dalla parlata di Milano o di Varese. Lui ha intavolato un discorso sulla formica leone. Sa delle cose sulla formica leone e anche sulle formiche volanti. Sulla relazione tra le formiche volanti e il meteo e la temperatura e il riscaldamento dei pianeti e l’intelligenza di tutti gli insetti che sono gli unici che sopravviveranno alla guerra atomica. Adesso si sono alzati

Sono appena andati via, sono passati alle mie spalle, mi hanno salutato. Mi hanno detto Come si sta bene qui. 

Camminavano molto piano.  

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