Ricordo una foto sul sussidiario delle elementari dove c'era un uomo bianco seduto su una panchina verniciata d'azzurro, da solo, era un tizio con un cappello, una paglietta, e intorno a lui, nella foto, c'erano delle donne di colore con delle borse della spesa, in piedi, che su quella panchina non si potevano sedere. Era una fermata dell'autobus.
Chiedevo perché a me, che ero un bambino, si chiedeva quando ero seduto sull'autobus di alzarmi in piedi e lasciare il posto alle donne o agli anziani con il cappello - allora gli anziani portavano tutti il cappello - e perché invece in Sudafrica quelle donne non potevano mettersi a sedere sulla panchina e dovevano lasciare il posto a quelli con il cappello.
Confusione.
Poi a scuola hanno tentato di spiegarmi che non era per via del cappello ma per via del colore della pelle. Chiedevo perché succedeva così e perché ai sudafricani il Mondo la lasciava fare questa cosa, di dividere tra bianchi e neri e ricordo le risposte delle maestre che non arrivavano. Mi dicevano In Sudafrica é così, con un senso di rassegnazione e di accettazione che ho imparato ad odiare. Ricordo lo sconcerto. Ricordo la confusione nella mia testa di bambino.
Ricordo la rabbia e il profondo senso di ingiustizia e la voglia di ribellarmi e lottare, lottare con tutte le mie forze e combattere tutti i prepotenti. Combattere i prepotenti e tutti quelli che accettano le cose così come stanno, anche se che non sono cose giuste, e combattere anche tutti quelli con il cappello.
Poi dopo, nel tempo, quelli con il cappello ho imparato ad accettarli.
Chiedevo perché a me, che ero un bambino, si chiedeva quando ero seduto sull'autobus di alzarmi in piedi e lasciare il posto alle donne o agli anziani con il cappello - allora gli anziani portavano tutti il cappello - e perché invece in Sudafrica quelle donne non potevano mettersi a sedere sulla panchina e dovevano lasciare il posto a quelli con il cappello.
Confusione.
Poi a scuola hanno tentato di spiegarmi che non era per via del cappello ma per via del colore della pelle. Chiedevo perché succedeva così e perché ai sudafricani il Mondo la lasciava fare questa cosa, di dividere tra bianchi e neri e ricordo le risposte delle maestre che non arrivavano. Mi dicevano In Sudafrica é così, con un senso di rassegnazione e di accettazione che ho imparato ad odiare. Ricordo lo sconcerto. Ricordo la confusione nella mia testa di bambino.
Ricordo la rabbia e il profondo senso di ingiustizia e la voglia di ribellarmi e lottare, lottare con tutte le mie forze e combattere tutti i prepotenti. Combattere i prepotenti e tutti quelli che accettano le cose così come stanno, anche se che non sono cose giuste, e combattere anche tutti quelli con il cappello.
Poi dopo, nel tempo, quelli con il cappello ho imparato ad accettarli.
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